Il monastero di S. Giovanni de Iliceto

I documenti attualmente conservati presso l’Archivio Segreto Vaticano consentono di fotografare la formazione e il consolidamento della dotazione patrimoniale della diocesi di Melfi, a partire dall’ultimo quarto del secolo XI. Il documento più antico, datato 1076 febbraio 19, non è pervenuto in originale, ma è inserto in una redazione in pubblica e autentica forma del XIV secolo. Si tratta di una concessione ducale attestante una donazione pro anima indirizzata alla cattedrale di Melfi da parte di Roberto il Guiscardo in dedicationem Melfiensis ecclesie eiusdem scilicet sancte Mariae, vale a dire nel giorno della consacrazione della neo edificata chiesa alla Vergine. Con questo diploma Roberto il Guiscardo, ad istanza del presule melfitano Baldovino, commuta la donazione precedentemente elargita di cento coloni nel castro di Regina (fraz. di Lattarico, provincia di Cosenza) e della rendita di cento solidi, con il monastero di S. Giovanni de Iliceto e i suoi possessi, ad eccezione della consuetudine che i melfitani avevano sulla chiesa di S. Benedetto*. Detta donazione figura successivamente in un diploma di Ruggero Borsa del 1093, nella articolata conferma apostolica concessa nel 1101 da papa Pasquale II ed è fatta oggetto di ulteriore approvazione da parte di papa Niccolò IV nel 1288. Attraverso la lettura di questi documenti, appartenenti a epoche diverse, è possibile verificare come la dipendenza del monastero di S. Giovanni de Iliceto dall’episcopio di Melfi si è mantenuta stabile attraverso i secoli. Le ipotesi avanzate dalla storiografia circa la ubicazione di questo monastero sono diverse e tra loro discordanti; allo stato attuale, la tesi più probabile è che il cenobio fosse collocato tra l’Ofanto e Melfi, a nord ovest della capitale normanna. È quanto si desume da un documento particolarmente interessante, dal quale si apprende altresì che nel 1224 il vescovo di Melfi Richerio, ad istanza della badessa Maria, vi fece trasferire la comunità benedettina femminile della chiesa di S. Venere. La documentazione tradita, allo stato attuale, non consente di stabilire con certezza se prima di questa data il monastero abbia ospitato una comunità benedettina maschile.


* Chiesa suburbana in cui gli amalfitani residenti a Melfi si riunivano per le funzioni religiose e che gli stessi avevano eletto a sede di sepoltura